Po-poesia-pop

Vorrei parlarti un po’ di me e tu non chiedermi il perché. 

Vorrei salire sopra un treno e andare in giro senza freno. 

Vorrei decidere di non amarti e smetterla di chiamarti. 

E non mi sono mai trovata e non sarò mai omologata. 

Cercami, e poi riprendimi e poi ancora non illudermi e confondimi. 

Afferrami la mano, ti dico che ti amo e tu accelera e dirottami contromano.

Annina Botta 

Il via vai 

Nella vita ci sono persone che vanno e persone che vengono. Persone a cui hai dato, altre a cui non hai dato abbastanza. 

Persone da cui hai ricevuto e altre che ti hanno deluso. 

Persone con le quali ti sei sentita connessa.

Persone cui hai chiesto scusa, altre a cui non l’hai detto. 

Persone che ti hanno chiesto scusa, altre che hai smesso di aspettare. Persone che ti mancano ma non osi cercare. 

Persone che a ritroso avresti dovuto lasciar perdere.

Conta chi ti dimostra di tenerci anche dopo un litigio. Conta chi vuole recuperare e conta ti vuol bene.

Ma alla fine, tra chi va e chi viene, conta chi resta. 

Annina Botta 

Ai raggi del sole 

Mi sono sciolta al sole. 

Al pensiero bizzarro che la notte è degli amanti e il giorno dei rimpianti. 

Al pensiero che la luna ci guarda e la luce ci sbugiarda. 

Al pensiero che ti vorrei vedere non solo sotto le stelle ma anche fuori al sole e farci l’amore. 

Al pensiero che i raggi mi baciano e ti ho qui, sopra la pelle.

Annina Botta 

Il rosso sulle labbra 

Voglio un vestitino attillati e leggero, con qualche trasparenza. 

Sandali alti, magari alla schiava. 

Il rossetto rosso e null’altro sulla pelle ancora calda dal sole. 

Il profumo di bagnoschiuma e salsedine. 

I capelli scuri che ricadono morbidi sulle spalle leggermente arrossate.  

Un venticello leggero che mi da sollievo e fa frusciare le chioma degli alberi. 

Una bottiglia di prosecco, la luna, le stelle. 

Tu che sei bellissimo e con il naso e le gote rosse, un po’ per il sole e un po’ per l’alcol. 

Ridi di qualcosa, col tuo sorriso perfetto e poi ti sporgi e mi dai un bacio. 

Non voglio nient’altro. 

Il mondo si è fermato. 

Si può sentire il rumore delle galassie che bisbigliano e ci guardano.

Annina Botta 

Mensole e credenze.  

E ti poggiano.  

Così,  come suppellettile su una mensola.  

A prendere la polvere,  a subire l’usura del tempo,  l’usura dell’abbandono. 

Perché ad essere messi in un angolo ci si consuma più che ad essere portati in giro per il mondo.  

E poi,  quando se ne ricordano,  quando ne hanno voglia,  ti prendono.  

Ti danno una spolverata veloce e pretendono di averti in tutto il tuo splendore.  

Ma tu,  intanto,  sei diventato un po’ più grigio,  un po’ più triste,  un po’ più opaco.  

E gli vorresti urlare contro che no,  tu non sei un oggetto.  

Che no,  tu non lo meriti.  

Che no,  non è giusto.  

Che è da vigliacchi,  che è da malfattori approfittare di chi è in svantaggio,  di chi è coinvolto.  

E non è vero che gli tornerai in mente con nostalgia e rammarico.  

Non è vero che si pentirà e ti rimpiangerà.  

L’unica verità è che non può esserci mancanza se non c’è stata presenza.  

E loro la tua non la sentiranno.  

E urlare non servirà.  

E illudersi che possa cambiare neanche.  

E consolarsi pensando a una rivalsa men che meno.  

Che te ne faresti poi? 

Poi non serve più.  

Poi non ha più senso.  

Poi è troppo tardi.  

Subito,  adesso,  è il momento giusto.  

Altrimenti non eri importante.  

Altrimenti eri un passatempo da mettere in credenza.  

E io di credenza ne ho solo una, che se qualcuno ci tiene non può fare a meno di esserci.

Non può fare a meno di te.

Annina Botta